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Ricerca, vitamina D come prevenzione della demenza

VitaminaD 3CALGARY, 03 mar. - "L'assunzione di integratori a base di vitamina D potrebbe aiutare a prevenire la demenza" secondo le conclusioni di un nuovo studio su larga scala, condotto da ricercatori dell'Hotchkiss Brain Institute dell'UniversitĂ  di Calgary in Canada e dell'UniversitĂ  di Exeter nel Regno Unito.

Gli autori del lavoro - pubblicato su 'Alzheimer's & Dementia: Diagnosis, Assessment & Disease Monitoring' - hanno valutato la relazione tra integrazione di vitamina D e demenza in piĂš di 12mila persone incluse nel database del National Alzheimer's Coordinating Center americano, che al momento dell'inserimento avevano un'etĂ  media di 71 anni e non soffrivano di demenza. Sul totale il 37% ha assunto integratori di vitamina D. Gli scienziati hanno osservato che tale assunzione "era associata a piĂš tempo vissuto senza demenza e a un 40% in meno di diagnosi di demenza". Un dato, puntualizzano, da confermare con nuovi studi.

"Sappiamo che la vitamina D produce nel cervello alcuni effetti che potrebbero avere implicazioni nel ridurre la demenza, tuttavia, finora la ricerca ha prodotto risultati contrastanti - spiega Zahinoor Ismail dell'UniversitĂ  di Calgary e dell'UniversitĂ  di Exeter, a capo dello studio -. I nostri risultati forniscono informazioni chiave sui gruppi ai quali mirare in modo specifico un'eventuale integrazione di vitamina D. Nel complesso, le evidenze raccolte suggeriscono che un'integrazione precoce potrebbe essere particolarmente vantaggiosa, prima dell'inizio del declino cognitivo".

La ricerca ha mostrato che la vitamina D era efficace in tutti i gruppi di partecipanti, ma con effetti significativamente maggiori nelle femmine rispetto ai maschi. Nelle persone senza problemi cognitivi, rispetto a chi presentava segni di lieve deterioramento cognitivo, e in chi non aveva il gene APOEe4, noto per essere legato a un maggior rischio di Alzheimer. Gli studiosi ipotizzano che i portatori del gene APOEe4 assorbono meglio la vitamina D a livello intestinale, il che potrebbe ridurre l'effetto di una supplementazione della sostanza.

(adnKronos)


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