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Caso Farfalle ginnastica ritmica, dietologo Mocini: 'Nello sport il peso non è tutto'

Dieta Bilancia2ROMA, 23 nov. - "Diversi aspetti mi stupiscono della vicenda" delle Farfalle della ginnastica ritmica e delle ex atlete che hanno denunciato di essere state oggetto di umiliazioni legate al peso e diete forzate, che hanno provocato in loro un forte disagio psicologico. "Per esempio mi colpisce il fatto che alcuni commentatori dicano che è normale che in certi contesti ci siano degli obiettivi di forma fisica e corporea ambiziosi.

In realtà, il fatto che la performance agonistica sia così strettamente e intrinsecamente legata al chilo in più o al chilo in meno è tutto da dimostrare. Non è così automatico". E' l'analisi di Edoardo Mocini, medico dietologo e ricercatore di Università Sapienza e Policlinico Umberto I di Roma, che analizza per l'Adnkronos Salute gli episodi emersi dai racconti delle ginnaste, mentre nell'ambito delle indagini in corso continuano dopo le audizioni di atlete, tecnici e staff proseguono gli accertamenti.

"Se si cerca di trasmettere rigore di stili di vita, indubbiamente più rigido in un contesto professionale - osserva l'esperto, molto seguito sui social e in particolare su Instagram dove conta oltre 120mila follower - faccio fatica a immaginare che leggere la frase 'abbiamo un maialino in squadra' sulla dieta consegnata a una di queste ragazze possa essere d'aiuto per aderire a un determinato schema alimentare. Se dovessero essere confermate le denunce fatte dalle ginnaste, quelle raccontate appaiono piuttosto pratiche di bullismo, vessazioni che, letteratura scientifica alla mano, non aiutano. Non solo, vogliamo anche parlare del fatto che il peso è un pessimo indicatore dello stato di nutrizione?", incalza. "Se proprio dovessimo solo concentrarci sulla parte fisica e organica, cosa non possibile visto che anche il benessere delle atlete conta - precisa Mocini - bisognerebbe ragionare di composizione corporea. Fare la pesatura delle ragazze da una giornata all'altra è una cosa ridicola, perché il movimento dei fluidi all'interno del corpo fa sì che ci sia una variabilità anche di 3 kg tra un giorno e l'altro, senza che si sia ingrassati o dimagriti di un etto".

Quello di spronare duramente per raggiungere obiettivi di peso, prosegue Mocini, che ha pubblicato per Rizzoli il libro 'Fatti i piatti tuoi', è un discorso che, "allargando il discorso, riguarda un po' anche i corpi grassi. Molte persone dicono: è vero, il bullismo va evitato, però forse è anche un modo per stimolare chi ha un problema a mangiare meglio. Noi però sappiamo che, al contrario, la stigmatizzazione e l'emarginazione rendono più difficile condurre stili di vita sani - avverte - Quindi anche volendo ipotizzare che l'intenzione degli allenatori fosse buona, in realtà quei gesti brutti non otterrebbero il risultato". L'esperto tiene in particolare a lanciare un messaggio: "Nello sport il peso non è tutto".

E richiama il caso Simone Biles, per rimanere nell'ambito della ginnastica, nel suo caso quella artistica: "L'atleta americana si è ritirata dalle ultime Olimpiadi dichiarando di voler tutelare la propria salute mentale. Come dice l'Organizzazione mondiale della sanità, il benessere in realtà è uno stato fisico, psicologico e sociale. E io posso raggiungere il miglior voto possibile alla gara, avere la miglior forma corporea possibile, ma se poi ho sviluppato un disturbo alimentare il benessere non l'ho raggiunto". Questi cortocircuiti si verificano non solo nello sport, ma anche nella vita di tutti i giorni, aggiunge il dietologo: "Spesso, anche in ambito scolastico, ai bambini viene chiesto di segnalare il proprio peso o anche di calcolare l'indice di massa corporea. Estrapolare questo singolo dato senza valutare tutto il contesto può essere fortemente fuorviante, perché la salute delle persone non si riduce al peso".

"Per quanto dal punto di vista statistico ci siano alcuni pesi che rispetto ad altri favoriscono il mantenimento della salute o la prestazione atletica, - continua Mocini - non possiamo isolare quel dato al fine di raggiungere una performance o anche di prevenire le malattie, dimenticando tutto ciò che c'è intorno. Sennò ci ritroviamo con una schiera di persone in forma perfetta, ma delle quali abbiamo dimenticato la salute psicologica e sociale". Il caso Farfalle, se fosse confermato, per l'esperto sarebbe in realtà "l'espressione estremizzata di una problematica che nel nostro Paese c'è nel tema della relazione con l'alimentazione e con i corpi. I modelli estetici li subiamo tutti in termini di pressioni sociali. Il fenomeno è ancora più accentuato e violento in un contesto in cui le pretese in tema di forma corporea per i fini agonistici diventano ancora più esigenti. Ma queste forme di stigmatizzazione purtroppo avvengono anche altrove. In un contesto professionale, però, non ce lo si aspetta".

(adnKronos)


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