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Il cinema del vicino

PetriElio1A Reykjavik é iniziato il RIFF (Reykjavik international Film Festival). Anche se é un festival non molto quotato al di fuori dell'Islanda, ha di solito un programma di ottima qualitá, sia nel concorso che nelle sezioni collaterali e una grossa attenzione, per certi versi inaspettata, é rivolta al cinema italiano.

L'anno scorso vinse il concorso un regista italiano, seppure con un film di produzione brittanica (Still life di Uberto Pasolini). Nel 2010 il successo fu invece completamente nostrano, grazie a Le quattro volte di Michelangelo Frammartino, ignorato in Italia dal grande pubblico e invece molto apprezzato dalla critica e nei festival, non solo a Reykjavik, ma anche a Cannes e Annecy.

Ma ancora piú indicativo della stima che il cinema italiano gode in Islanda sono le numerose retrospettive: quest'anno una sezione dedicata a registi contemporanei, arricchita da un documentario di Ettore Scola su Federico Fellini e la prima visione de Le meraviglie di Alice Rohrwacher, premiato a sorpresa all'ultimo festival di Cannes. Due anni fa fu la volta di Dario Argento (a cui venne assegnato anche un premio alla carriera), nel 2010 venne ripercorsa la filmografia di Elio Petri, un regista dalle nostre parti troppo spesso dimenticato dalle nuove generazioni.

Da queste parti il cinema italiano gode di grande reputazione, quindi. Senz'altro piú che in patria, dove si ha spesso la sensazione che, finiti i tempi d'oro del neorealismo e della commedia monicelliana, non siamo piú in grado di esportare i nostri autori, almeno senza prima un certificato di qualitá firmato a Hollywood o in qualche grande festival europeo. Sensazione che nasce anche all'essersi trovati troppo spesso davanti a opere mediocri inspiegabilmente coccolate da quella parte di critica nostrana piú nazionalista, che grida al miracolo al primo movimento di macchina ben riuscito. Ma é altrettanto vero che un'esterofilia dogmatica é molto diffusa un po' su tutto e il cinema non fa eccezione.

Esterofilia spesso poco incline a ricordare che dei prodotti nostrani vediamo pressoché tutto, mentre dall'estero arrivano solo i "prodotti rodati". E se pure l'Islanda é un paese talmente poco popolato da cui é arduo estrapolare statistiche significative, vedere tutto questa attenzione per il nostro cinema é comunque un bel segnale. Quasi da cadere nella tentazione di diventare, almeno per un attimo, nazionalista.

Gabriele Falco


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