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Fuga da un lavoro che non paga e non appaga, Francesca Coin racconta il fenomeno delle grandi dimissioni

Mantova Festivaletteratura CoinFeltri

MANTOVA, 09 set. – Il posto fisso in Italia è sempre stato considerato un punto d'arrivo fondamentale nel percorso lavorativo di una persona. Che si iniziasse a lavorare dopo le scuole dell'obbligo o al termine di università e master, l'obiettivo è sempre stato il posto fisso, a tempo indeterminato. Una sicurezza, una base solida e sicura su cui costruire e organizzare la propria vita. Se al posto fisso si unisce anche un lavoro che piace e dà soddisfazione certo il quadro è quasi perfetto, ma la pandemia di covid sembra aver cambiato questa tendenza anche in Italia e a dimostrarlo un fenomeno esploso insieme al covid noto come "grandi dimissioni". Una sorta di volontaria e più o meno ragionata fuga dal lavoro a tempo indeterminato alla ricerca di qualcosa di diverso, più vicino ad aspirazioni e interessi messi sotto al tappeto nel nome del posto sicuro.

A parlarne ieri nella basilica palatina di Santa Barbara la sociologa Francesca Coin, autrice del libro "Le grandi dimissioni", intervistata dal giornalista Stefano Feltri.

Oggi questo fenomeno esploso negli Usa con numeri ben più grandi di quelli italiani sembra in fase di rientro. Almeno, come ha ricordato Feltri, lo è negli Stati Uniti. "Ho avvertito l'urgenza di scrivere questo libro – ha spiegato Coin – mentre mi trovavo negli Usa per lavoro. Mi sono confrontata con una realtà lavorativa completamente diversa da quella italiana. Una realtà dove la precarietà era la norma e cambiare lavoro frequentemente era abbastanza naturale".

In Italia la precarietà non era la norma ma lo sta diventando e forse era meno prevedibile che potesse esplodere un fenomeno come quello delle grandi dimissioni, anche se con numeri e caratteristiche diversi rispetto agli Usa. In provincia di Mantova, ad esempio, secondo un'analisi effettuata dalla Cgil di Mantova su dati forniti dall'Osservatorio Provinciale del Lavoro nel 2021 sono sono state 15582 le dimissioni volontarie, in crescita rispetto al 2019 dell'11% (erano 14015) e rispetto al 2020, anno in cui l'economia e il mercato del lavoro come detto hanno vissuto una sorta di stop compreso il blocco dei licenziamenti, la crescita delle dimissioni è stata più netta, del 29% (erano 12107).

"In Italia - ha detto ancora la sociologa – è cambiato il ruolo che il lavoro ha nella nostra vita. Si è arrivati a una progressiva disaffezione al lavoro determinata da tanti fattori, non ultimo il cambiamento della percezione dell'utilità sociale di ciò che facciamo, sempre meno chiara. Così come la contropartita, economica ma non solo, sempre più ridotta rispetto alla mole di lavoro sempre maggiore".

Insomma, è come se il covid avesse aperto gli occhi e messo di fronte migliaia di lavoratori a questi aspetti che hanno generato, insieme ad altri fattori, il fenomeno delle great resignations. Insieme alle contropartite economiche e sociali per chi lavora sono diminuite, per non dire venute meno, anche molte tutele. E forse non è un caso che i settori più colpiti da queste grandi dimissioni siano quelli della sanità, della logistica, della grande distribuzione e della ristorazione, essenziali durante la pandemia tanto da mettere duramente alla prova chi ci lavorava.

Emanuele Salvato

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