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'L’etica del viandante richiede all’uomo un cambiamento culturale per evitare il disastro globale': l’analisi di Umberto Galimberti sui limiti della tecnica

Mantova Festivaletteratura GalimbertiUmbertoMANTOVA, 7 set. - "Le abitudini mentali fanno pensare che la tecnica sia nelle mani dell'uomo: non è cosĂŹ". Con questa prima considerazione Umberto Galimberti ha iniziato il suo monologo di fronte al pubblico che oggi ha gremito il tendone di piazza Castello e ha seguito con grande attenzione e intensa partecipazione le profonde riflessioni del celebre filosofo sul tema cardine del suo recente libro "L'etica del viandante".

Un fiume di concetti, riflessioni e citazioni quello che Galimberti ha alimentato con straordinaria lucidità collegando il tema della tecnica, divenuta un mondo – non un mezzo, è l'uomo che è diventato un mezzo – che a livello globale condiziona l'economia, a sua volta determinante per le scelte politiche, all'etica.

L'uomo comune, nella sua incompetenza si accoda al parere dell'autorità religiosa a cui fa riferimento o al politico che gli piace e qui nasce il populismo: la capacità di dare una soluzione semplice a situazioni complesse rispetto alle quali siamo tutti incompetenti. Il populismo vive dell'incompetenza di tutti e grazie a ciò può fornire ricette semplici a cui accediamo senza atteggiamento critico.

GalimbertiUmberto1Prima dell'età della tecnica l'occidente ha elaborato essenzialmente tre etiche: l'etica cristiana fondata sull'intenzione, cultura di derivazione religiosa che ha condizionato anche la cultura giuridica europea. Però nell'età della tecnica l'intenzione non ha nessuna intenzione. Un'altra grande etica, quella di Kant basata sulla pura ragione che dice di trattare l'uomo come un fine e non un mezzo, in realtà una ripetizione della visione giudaico cristiana che incaricava l'uomo a dominare la terra, la natura: un'etica antropocentrica.

Nel Novecento si afferma l'etica della responsabilità nella verifica degli effetti delle nostre azioni, ma la realtà ha consegnato al mondo il nazismo come matrice teorica dell'età della tecnica togliendo agli uomini la responsabilità delle loro azioni: quello che conta è come vengono fatte le azioni prescritte dalla tecnica. Oggi abbiamo una capacità di fare enormemente superiore alla capacità di prevedere gli effetti del nostro fare.

Non abbiamo un pensiero alternativo al saper fare di conto e come facciamo a uscire dallo scenario tecnico? Da qui Galimberti fa nascere quella che chiama l'etica del viandante, che non è il viaggiatore che ha come unico obiettivo la meta realizzata. Il viandante non ha scopi e mete da realizzare camminando incontra un prossimo sempre meno specchio di sÊ e sempre piÚ altro: lui fa esperienza della differenza e sa che i confini sono piÚ nella testa degli uomini che nel disegno della terra e che siamo tutti uomini di frontiera.

I processi migratori confondono i confini, sono le storie sepolte dalla storia egemone dell'occidente, storie che cominciano a prendere voce. La direzione della storia sarà nella deterritorializzazione anche se le nostre menti continuano a pensare diversamente, a pensare che la terra sia al centro dell'universo e a crederlo pur sapendo che non è cosÏ. Il viandante sa che gli animali, le piante, i microorganismi tengono in ordine la biosfera.

Per affrontare il disastro che l'uomo ha generato sul pianeta dobbiamo cambiare paradigma e passare dalla cultura antropocentrica che ci ha caratterizzato dall'origine del mondo cristiano e passare al biocentrismo: mettere al centro non l'uomo ma la vita (bios). È la terra la nostra vera patria, non la terra natia o la nazione. Alle ragioni di stato bisogna sostituire le ragioni dell'umanità e non sulla logica dei valori, ma sull'interesse di tutti di salvare la terra.

Una strada ci sarebbe, se ce ne sarà il tempo ed è di passare da un modo di pensare a un altro, trascendere il modo attuale di vivere, di passare da uno stato all'altro, cosa che agli animali non è concesso. Il passaggio da fare e quello dalla logica dello stato alla logica dell'umanità: perchÊ oltre all'involuzione biologica non si può fare un'evoluzione culturale? Certo, il livello di ignoranza soprattutto in Italia è spaventoso. Una società non può aver futuro sulla base dell'ignoranza.

Come si è evoluto biologicamente, l'uomo può evolversi culturalmente, è nella sua natura, ma bisognerà vedere sarà in grado di farlo e soprattutto se i tempi che la distruzione della terra ancora ci concede sono compatibili con il cambiamento culturale. L'etica del viandante richiede che i diritti dell'uomo si integrino con quelli della natura, sostanzialmente sul modello di Francesco d'Assisi. I diritti dell'uomo separati dai diritti della natura portano alla distruzione del genere umano.

GMP

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