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Quirico: 'Il giornalismo ha fallito, di immigrazione parlino i migranti'. Akbari: 'Afghanistan ingannato da parole come libertĂ  e democrazia'

Mantova Festivaletteratura Quirico-AkbariMANTOVA, 13 set. - "Sono nove anni che scrivo e parlo di immigrazione e in questi nove anni cos'è cambiato? Nulla. Ne deduco che siano stati nove anni totalmente inutili perché gran parte del mondo è ancora sordo. Ci troviamo ancora con gli stessi problemi".

E' un j'accuse in piena regola quello che il giornalista, esperto di immigrazione e medio oriente, Domenico Quirico - sabato sul palco di piazza Castello insieme a Enaiatollah Akbari e Fabio Geda -, fa nei confronti della categoria a cui appartiene.

Quirico, che nel 2011 si infiltrò su un barcone di migranti per raccontarne il viaggio, punta il dito contro il giornalismo che ha fallito perché "non siamo riusciti, evidentemente, a raccontare i migranti" che "ce l'hanno fatta da soli. Per cui, l'unica cosa che ci rimane da fare è ascoltare i migranti perché solo loro hanno il diritto di parlare di immigrazione. Gli altri devono tacere, non hanno nulla da dire".

E autorizzato a parlare di migrazioni è lo scrittore afgano Akbari che nel 2001, quand'era ancora un bambino, intraprese un lungo viaggio per fuggire dal suo paese, l'Afghanistan per arrivare in Italia dopo aver attraversato Pakistan, Iran e Turchia affrontando numerose difficoltà e lasciando la propria famiglia nel paese d'origine. Akbari, con Geda, ha raccontato la sua storia nel libro "Nel mare ci sono i coccodrilli".

"Nel mio paese - spiega - la situazione è molto complessa e nonostante in questi anni siano arrivati molti aiuti economici, questi non vanno a finire dove dovrebbero. Il sistema politico afgano è corrotto a tutti i livelli. Per questo la gente continua ad andarsene, perché qualcosa non funziona nel sistema".

La promessa di democrazia e libertà, arrivata insieme alle bombe dopo gli attentati alle Torri Genelle nel 2001, "si è rivelata un grande inganno - spiega Quirico - perché è stato fatto credere che il mondo occidentale avrebbe portato la modernità ma in realtà gli afghani sono stati abbandonati al loro destino quando ci si è accorti che l'operazione costava troppo".

E Akbari condivide questi concetti sottolineando come "democrazia e libertĂ  sono belle parole utilizzate per ingannare il popolo afghano. Che continua ad aspettare che questi concetti trovino applicazione. Gli afghani continuano a sperare che qualcosa cambio e io con loro".

Ma non è solo colpa dell'inganno occidentale se l'Aghanistan non esce dal pantano di corruzione e inertezza politica in cui è invischiato: "noi afghani siamo bravi a distruggere, ma facciamo fatica a costruire qualcosa. La condizione di guerra continua in cui viviamo ci ha reso orfani di cultura, ma io spero che un giorno parta proprio dalla scuola un pecorso d rinascita e crescita per il mio paese".

 (e.s.)

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