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‘La legge sul Biotestamento ci allinea agli standard etici e giuridici dell’Europa’. Intervista a Luciano Orsi, vicepresidente della Società Italiana Cure Palliative

OrsiLuciano1MANTOVA,23 apr. - La proposta di legge sulle "Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento sanitario", il cosiddetto Biotestamento, è stata recentemente approvata dalla Camera con 326 voti favorevoli, 37 contrari e solo 4 astenuti. Il dibattito ora si sposta al Senato.

Finalmente la legge sul testamento biologico in Italia fa un concreto passo in avanti, ma in attesa della prosecuzione dell'iter legislativo è opportuno analizzare la reale portata del provvedimento.

Per un parere assolutamente competente e autorevole ci siamo rivolti al dottor Luciano Orsi, vicepresidente della Società Italiana Cure Palliative, dirigente del Dipartimento Cure Palliative presso l'Azienda Ospedaliera Carlo Poma dal 2011 al 2016, che cortesemente ha risposto alle nostre domande.

Nonostante la netta maggioranza dei consensi politici, si sono alzate già diverse voci contrarie e c'è addirittura chi parla di legittimazione dell'eutanasia. Sono timori giustificati?

L'eutanasia e il suicidio assistito non c'entrano nulla con questa legge (che peraltro non è ancora vigente perché dovrà essere prima approvata anche dal Senato); questo va detto chiaramente. Nel testo della legge non vi è alcun richiamo né diretto né indiretto all'eutanasia o al suicidio assistito. Questa è una legge che sancisce solo il diritto del malato ad essere informato, a decidere quali trattamenti accettare o rifiutare, sia nell'immediato sia nel futuro. Questa è semplicemente una legge che ci allinea agli standard etici e giuridici dell'Europa, colmando così un grave ritardo.

Cosa cambia in concreto rispetto alla prassi consolidata delle cure palliative e della sedazione profonda?

Per le cure palliative, che si fondano su una visione olistica del malato che viene messo al centro, cambia poco poiché da sempre le cure palliative praticano un modello di medicina in cui le scelte diagnostiche e terapeutiche vengono condivise con il malato. Inoltre, le cure palliative da sempre rispettano le volontà anticipate del malato proprio per rispettare la sua concezione di dignità e di qualità della vita, evitando trattamenti sproporzionati (cioè il cosiddetto accanimento terapeutico).

Certamente questa legge sancisce che le volontà anticipate devono essere rispettate (salvo casi eccezionali) e questo permette di tutelare sia il malato che il sanitario che le rispetta: questa è la novità legislativa. La sedazione palliativa profonda è anch'essa una terapia da sempre praticata dalle cure palliative in caso di sofferenze intollerabili per sintomi che non si possono controllare con le terapie tradizionali; la legge sancisce ciò che è già eticamente accettato da tutte le visioni morali.

Potrà questa nuova legge arginare il fenomeno di persone che si recano all'estero per porre fine alle proprie sofferenze?

Sicuramente una migliore offerta di cure palliative riduce la domanda di eutanasia o suicidio assistito per paura della sofferenza terminale o di trattamenti sproporzionati. L'esperienza internazionale dimostra però che, anche con un servizio nazionale di cure palliative di alto livello, un 3-4% dei malati continuerà a ricorrere all'eutanasia o al suicidio assistito perché sceglierà di non percorrere tutta la fase di terminalità, anche se questa è protetta dalla sofferenza.

Chi potrà decidere di sospendere le terapie, comprese nutrizione e idratazione artificiali: solo il malato oppure anche i suoi stretti congiunti?

La sospensione o il non inizio di trattamenti può essere deciso sia dal malato se è capace di intendere e volere (oggi è già cosi o così dovrebbe essere... anche se non sempre lo è) o dalla persona di sua fiducia (fiduciario nominato da malato nelle DAT-Disposizioni anticipate d trattamento) quando il malato avrà perso la capacità di intendere e volere. I familiari, se non sono designati come fiduciari o amministratori di sostegno non possono decidere nulla; ma questo è già così dal punto di visa giuridico, etico e deontologico.

In quale misura il testo lascia al medico la possibilità di obiezione? È una scelta eticamente compatibile con la professione del medico?

Bisogna essere molto cauti prima di invocare l'obiezione di coscienza, peraltro non prevista nel testo di legge; il rischio è quello di strumentalizzare i problemi di coscienza per vanificare la legge. Il testo della legge dice che di norma le volontà attuali o anticipate (DAT) devono essere rispettate dal medico. Solo in casi di richieste attuali del malato che siano contrarie alla legge, alla deontologia o alle buone pratiche assistenziali il medico non ha l'obbligo di rispettarle.

Le DAT possono essere disattese solo se le DAT fossero palesemente incongrue o non corrispondenti alla situazione clinica attuale o quando (evento più ipotetico che realistico) sussistano terapie non prevedibili al momento della stesura delle DAT. In caso di disaccordo fra il fiduciario e il medico si può ricorrere al giudice tutelare. Quindi mi pare vi siano ampie tutele per la coscienza del singolo medico senza evocare scenari tragici.

Potrà l'ipotizzato registro per le Disposizioni Anticipate di Trattamento essere lo strumento adatto per garantire l'osservanza delle scelte individuali, oppure non ci sarebbe un sistema più semplice per gestire le dichiarazioni spontanee?

Uno strumento informatizzato di raccolta delle DAT come il registro nazionale e l'inserimento delle DAT nel tesserino sanitario e nel fascicolo sanitario sono sicuramente utili perché possono garantire il facile reperimento delle DAT in caso di urgenza. Il registro nazionale non è però previsto dalla legge, approvata a condizione di non prevedere nuovi oneri per la finanza pubblica, perché richiede un investimento economico specifico.


Per la sua lunga esperienza in cure palliative, qual è l'atteggiamento del malato consapevole o dei suoi famigliari nei confronti delle possibilità di evitare l'accanimento terapeutico?

Se il malato è adeguatamente informato delle sue condizioni di malattia e delle alternative terapeutiche che realisticamente possono essere adottate (comprese le cure palliative), raramente sceglie terapie sproporzionate, soprattutto se gli viene offerto un controllo delle sofferenze. Solo un'esigua minoranza di malati vuole proseguire terapie che diventano sempre più sproporzionate con il peggiorare della malattia, ma nel tempo, se supportati e protetti dalla sofferenza fisica, psicologica e spirituale, molti cambiano idea ed accettano la terminalità, scoprendo in essa un periodo di tempo ricco per completare le loro cose in sospeso.

Il suo giudizio complessivo sul testo della legge?

In base a quanto riportato dai mass media (il testo ufficiale della legge approvata dalla Camera dei Deputati non è ancora stato diffuso) il mio giudizio è complessivamente buono perché viene salvaguardata l'autodeterminazione del malato ponendo un argine al paternalismo medico. Con questa legge le volontà attuali e future del malato, sia pur dentro una intensa relazione con il medico e l'équipe curante, devono essere rispettate. Questo è il punto fondamentale e altamente innovativo.

Quali sono, secondo lei, i punti critici da migliorare, eventualmente?

Prevedere l'inserimento delle DAT in cartella clinica, come è previsto per la pianificazione anticipata delle cure e prevedere un maggior coinvolgimento di tutte le figure professionali, soprattutto infermieristiche, nella pianificazione delle terapie e nella stesura delle DAT. Forse toglierei anche la possibilità per il medico di non rispettare le volontà del malato quando contrarie alle "buone pratiche clinico-assistenziali" perché potrebbe dare adito a interpretazioni strumentali per perpetuare un paternalistico eccesso di terapie.


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