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Sabato, 4 Maggio 6:53:am

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‘La legge sul Biotestamento ci allinea agli standard etici e giuridici dell’Europa’. Intervista a Luciano Orsi, vicepresidente della Società Italiana Cure Palliative

Per la sua lunga esperienza in cure palliative, qual è l'atteggiamento del malato consapevole o dei suoi famigliari nei confronti delle possibilità di evitare l'accanimento terapeutico?

Se il malato è adeguatamente informato delle sue condizioni di malattia e delle alternative terapeutiche che realisticamente possono essere adottate (comprese le cure palliative), raramente sceglie terapie sproporzionate, soprattutto se gli viene offerto un controllo delle sofferenze. Solo un'esigua minoranza di malati vuole proseguire terapie che diventano sempre più sproporzionate con il peggiorare della malattia, ma nel tempo, se supportati e protetti dalla sofferenza fisica, psicologica e spirituale, molti cambiano idea ed accettano la terminalità, scoprendo in essa un periodo di tempo ricco per completare le loro cose in sospeso.

Il suo giudizio complessivo sul testo della legge?

In base a quanto riportato dai mass media (il testo ufficiale della legge approvata dalla Camera dei Deputati non è ancora stato diffuso) il mio giudizio è complessivamente buono perché viene salvaguardata l'autodeterminazione del malato ponendo un argine al paternalismo medico. Con questa legge le volontà attuali e future del malato, sia pur dentro una intensa relazione con il medico e l'équipe curante, devono essere rispettate. Questo è il punto fondamentale e altamente innovativo.

Quali sono, secondo lei, i punti critici da migliorare, eventualmente?

Prevedere l'inserimento delle DAT in cartella clinica, come è previsto per la pianificazione anticipata delle cure e prevedere un maggior coinvolgimento di tutte le figure professionali, soprattutto infermieristiche, nella pianificazione delle terapie e nella stesura delle DAT. Forse toglierei anche la possibilità per il medico di non rispettare le volontà del malato quando contrarie alle "buone pratiche clinico-assistenziali" perché potrebbe dare adito a interpretazioni strumentali per perpetuare un paternalistico eccesso di terapie.


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