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Malattie reumatologiche, in Italia colpiti in 6 milioni e mezzo. Tra i pazienti tanti giovani

Malattie Autoimmuni3ROMA, 15 ott. - Quelle reumatologiche non sono 'malattie per vecchi'. E non risparmiano i vip: dall'attrice e popstar Selena Gomez che ha più volte raccontato la sua convivenza con il lupus eritematoso sistemico, a Lady Gaga costretta a cancellare dei concerti per la fibromialgia, a Dan Reynolds, frontman degli Imagine Dragons, bloccato dalla spondilite anchilosante, fino all'attrice Kathleen Turner che ha lasciato il cinema a causa dell'artrite reumatoide.

Sono solo alcuni esempi delle circa 200 patologie che colpiscono 350 milioni di persone nel mondo, fino a 6 milioni e mezzo in Italia, su cui si sono accesi i riflettori domenica 12 ottobre, Giornata mondiale delle malattie reumatologiche. Una galassia: dalle patologie autoimmuni sistemiche, alle artriti infiammatorie, per arrivare alle forme degenerative. Spesso croniche, le malattie reumatologiche non interessano solo le articolazioni, ma anche muscoli, tendini, ossa e a volte gli organi interni. E possono avere un pesante impatto sulla quotidianità di chi ne soffre.

L'importanza della prevenzione

Prevenzione attiva, diagnosi precoce e innovazione terapeutica possono concorrere in modo sostanziale alla riduzione dell'incidenza delle malattie reumatologiche, alla possibilità di intercettarle per tempo e di migliorare la qualità di vita dei pazienti, spiegano gli specialisti della Sir (Società italiana di reumatologia), che ha collaborato all'incontro 'Giornata mondiale delle malattie reumatologiche 2025: serve un cambio di paradigma. Con prevenzione, diagnosi precoce e innovazione terapeutica un nuovo futuro è possibile', promosso dalla senatrice Maria Cristina Cantù con il patrocinio del Senato - che ha ospitato la conferenza il 9 ottobre - e della Camera.

"Nell'immaginario collettivo sono ancora molte le false credenze che circondano le malattie reumatologiche - afferma Andrea Doria, presidente Sir -. Prima fra tutte quella secondo cui interesserebbero solo pazienti anziani. In realtà possono colpire anche persone giovani-adulte, nel pieno della loro vita attiva, donne in età riproduttiva, bambini. Altro ingombrante falso mito è quello secondo cui sarebbero 'ineluttabili'. Sebbene la componente genetica rivesta un ruolo importante in molte malattie reumatologiche, è possibile cercare di prevenirle. Ma gran parte della popolazione non lo sa, non è consapevole del fatto che alcuni semplici comportamenti, come non fumare, avere una sana alimentazione, fare esercizio fisico, tenere sotto controllo il peso e proteggersi dalle infezioni con i vaccini, possono ridurre il rischio di sviluppare le malattie reumatologiche o ritardarne la comparsa, soprattutto se in famiglia c'è già qualcuno che ne soffre. I familiari dei pazienti, infatti, hanno un rischio aumentato del 10% di ammalarsi. Proprio per favorire una maggiore consapevolezza su questo fronte, la Sir ha realizzato una brochure divulgativa con diversi consigli di prevenzione, rivolgendosi anche a chi una malattia ce l'ha già, per cercare di rallentarne la progressione e conviverci al meglio".

Il costo del ritardo diagnostico

Nei casi in cui scongiurare le malattie reumatologiche non è possibile, queste patologie dovrebbero essere individuate per tempo con una diagnosi precoce: l'innovazione degli ultimi anni, in particolare il dosaggio di alcuni biomarcatori, come gli auto-anticorpi, consente infatti di intercettarle addirittura prima che inizino a produrre sintomi. Ma questo spesso non avviene, sottolinea la Sir. "Sono necessari in media 7 anni per scoprire di soffrire di artrite psoriasica, 5 per la spondilite anchilosante, 3 per la sclerosi sistemica e 2 per l'artrite reumatoide - elenca Gian Domenico Sebastiani, past president della società scientifica -. Se non diagnosticate e trattate precocemente, queste malattie possono portare a danni irreversibili, con conseguenti costi sanitari (trattamenti farmacologici, ricoveri ospedalieri e riabilitazione) e sociali (giorni lavorativi persi, riduzione del reddito, necessità di sussidi di disoccupazione e invalidità). Solo l'artrite reumatoide in Italia ha un costo complessivo annuo di oltre 2 miliardi di euro. Il problema del ritardo diagnostico è legato alla mancanza di specialisti reumatologi sul territorio, il cui numero andrebbe incrementato, e all'assenza di reti che consentano di prendere in carico i pazienti nel setting di cura più adeguato a seconda della complessità del singolo caso. Resta cruciale la formazione dei medici di medicina generale, che devono essere sensibilizzati all'individuazione delle nostre patologie, perché sono loro i primi referenti dei pazienti e hanno la possibilità di intercettare i possibili campanelli d'allarme. E occorre realizzare Pdta", percorsi diagnostico terapeutici assistenziali, "che definiscano un iter appropriato, secondo le linee guida, al fine di garantire al paziente la miglior assistenza possibile".

Una volta confermata la diagnosi, il paziente dovrebbe essere preso in carico dal reumatologo e iniziare le terapie. Prima questo avviene, precisa la Sir, e maggiori probabilità ci sono di tenere sotto controllo le malattie reumatologiche affinché non provochino danni irreversibili. Con l'impiego precoce dei farmaci oggi a disposizione, dai nuovi immunosoppressori, più maneggevoli, ai biologici che possono cambiare il decorso della malattia, la remissione è sempre più spesso possibile, anche per periodi prolungati. "Negli ultimi 15 anni l'armamentario farmacologico per le malattie reumatologiche si è arricchito moltissimo, grazie a una conoscenza più approfondita dei meccanismi che stanno alla loro base - evidenzia Roberto Caporali, presidente eletto della Sir -. Oggi la nuova frontiera si chiama medicina personalizzata e consiste nel provare a definire il farmaco giusto, per il paziente giusto, al momento giusto. Attraverso indagini precise, l'analisi dei biomarcatori e quella dei tessuti, possiamo cercare di trovare il farmaco migliore per ogni singolo paziente, riducendo il più possibile la quota di coloro che non rispondono alla terapia. E' un approccio già utilizzato in altre aree terapeutiche, che sta iniziando a essere percorribile anche in reumatologia".

(adnKronos)


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