Sanità, infermieri a rischio 'sindrome turnisti' se turni a rotazione antioraria

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Infermiere6ROMA, 20 ott. – Una recente ricerca ha studiato per la prima volta gli effetti del lavoro a turni nel personale infermieristico italiano sulla base della rotazione oraria o antioraria dei turni. Lo studio ha coinvolto 144 infermieri provenienti da 5 ospedali del Centro e Sud Italia, seguiti da luglio 2017 a febbraio 2020.

La ricerca è stata pubblicata sulla rivista JAMA Network Open ed è stata coordinata dal Dipartimento di Psicologia di Sapienza, in collaborazione con il Santa Lucia IRCCS di Roma e con l'Università dell'Aquila.

In particolare l'obiettivo dei ricercatori è stato quello di verificare se il personale infermieristico che lavora in turni con rotazione antioraria (pomeriggio-mattino-notte) subisca conseguenze peggiori, rispetto a chi ha turni con un regime orario (mattino-pomeriggio-notte). In altre parole, si vuole chiarire meglio una conoscenza implicita diffusa, ma ancora poco supportata sperimentalmente. Per fare ciò, sono state considerate la sonnolenza e l'affaticamento percepito alla fine di un turno, misurando parallelamente la performance psicomotoria degli operatori sanitari.

Non si tratta del primo lavoro di questo gruppo di ricerca che, sotto la guida di Luigi De Gennaro della Sapienza, da anni studia le conseguenze del lavoro a turni nel personale infermieristico italiano. In un primo studio era stato dimostrato che il turno notturno si associa sia all'aumento di sonnolenza e fatica, che a consistenti riduzioni della performance in compiti di vigilanza psicomotoria. In un successivo studio si dimostrava che negli infermieri una cattiva qualità del sonno, alla quale sono esposti tutti i lavoratori a turni, finisce per peggiorare ulteriormente le performance psicomotorie notturne.

"Abbiamo ipotizzato – spiega Luigi De Gennaro del Dipartimento di Psicologia della Sapienza, coordinatore del lavoro – che la rotazione antioraria dei turni (BRS, backward-rotating shift) fosse associata a stanchezza e sonnolenza maggiori e, soprattutto, a ridotte misure comportamentali di attenzione costante". Coerentemente con questa ipotesi, lo studio ha dimostrato un cospicuo peggioramento in tutte le dimensioni misurate, nel personale infermieristico che lavora in regime di turno antiorario. In conclusione, tutti i turnisti hanno un peggioramento di sonnolenza, fatica percepita e vigilanza psicomotoria associata al turno notturno, ma quelli inquadrati in un regime antiorario vanno incontro a un'amplificazione di queste conseguenze negative.

Le implicazioni dello studio possono aprire delle prospettive potenzialmente innovative per l'organizzazione lavorativa in ambito ospedaliero, nella direzione di spingere le aziende ospedaliere a riconvertire il regime di turnazione, quando antiorario.

(askanews)


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