Ambiente, il 50% degli squali e delle razze nel Mediterraneo rischia l'estinzione

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WWF Volontari5ROMA, 21 lug. – Il Wwf in occasione della Giornata mondiale degli squali che si è celebrata il 14 luglio ha lanciato un allarme: più del 50% delle specie di squali e razze nel Mediterraneo è minacciato di estinzione.

Da questi animali iconici – in molti casi predatori all'apice della catena alimentare - dipende il benessere degli ecosistemi marini e delle altre specie.

Grazie ai progetti internazionali SafeSharks e Medbycatch, che il WWF ha portato avanti in questi anni in Italia e nel Mediterraneo per migliorare le conoscenze sui tassi di cattura accidentale di specie vulnerabili e ingaggiare pescatori e autorità per garantire buone pratiche di gestione e mitigazione delle catture accidentali, è stato possibile raccogliere dati essenziali per conoscere meglio queste specie così affascinanti e poter valutare quali siano le misure di gestione della pesca più adeguate da poter raccomandare. Dati raccolti nel report WWF: "SafeSharks e Medbycatch: tutelare gli squali per Salvare il Mediterraneo", pubblicato oggi nell'ambito della campagna #GenerAzioneMare, che raccoglie anche raccomandazioni per istituzioni e consumatori sull'importanza di salvaguardare squali e razze per la tutela del Mediterraneo.

Il 37.5 % delle specie di squali e razze nel mondo sono a rischio estinzione, dato che supera il 50% se riferito alle specie del Mediterraneo, con gravi conseguenze su tutto l'ecosistema marino. Questa situazione è provocata dalla pesca eccessiva, sia diretta (tra cui anche molta pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata, per finalità sia alimentari che cosmetiche), sia indiretta a causa delle catture accidentali (bycatch) per cui queste specie finiscono vittime involontarie delle attività di pesca.

I progetti SafeSharks e Medbycatch – spiega il Wwf – hanno coinvolto i pescatori di Monopoli, che praticano la pesca con palangaro (lunga lenza di grosso diametro con inseriti a intervalli regolari spezzoni di lenza più sottile portanti ognuno un amo) al pesce spada nell'Adriatico meridionale, rendendoli attori fondamentali nelle fasi di ricerca e raccolta dei dati. La raccolta dati ha rivelato che le verdesche (Prionace glauca) rappresentano, in media, il 15% del pesce sbarcato: ogni sette pesci spada – in media – viene sbarcata una verdesca.

Ridurre un tale impatto è possibile. All'interno del progetto infatti, il monitoraggio mediante tag satellitari, applicati sulle verdesche accidentalmente pescate e poi successivamente liberate con il supporto dei pescatori, ha permesso di verificare che il 90% delle verdesche rilasciate sopravvive. Il rilascio in mare può quindi essere una valida misura gestionale per migliore lo stato delle popolazioni di verdesca. L'utilizzo degli ami circolari, testati al posto dei tradizionali ami a forma di J, sembra inoltre influire sulle condizioni degli animali alla cattura e potrebbe contribuire a migliorare la probabilità di sopravvivenza nel caso siano liberati. Grazie ai dati raccolti dai tag è anche emerso che le verdesche durante il giorno preferiscono nuotare in acque anche molto profonde fino oltre i 600 metri, mentre durante la notte cacciano in superficie, anche a pelo d'acqua.

Queste informazioni – spiega l'associazione – sono state la chiave per ideare una strategia di mitigazione basata sull'inversione notte-giorno delle operazioni di pesca. Importantissimo risultato del progetto, è stato infatti verificare che per le giornate di pesca in cui l'inversione delle attività di pesca è stata messa in atto, il bycatch di verdesche è stato ridotto a 0. Sebbene siano necessari ulteriori test per valutare i risultati di questa strategia in altre stagioni e gli effetti sulla cattura di pesce spada (i primi dati indicano una riduzione di cattura di circa il 30%), questo è un primo passo importante verso l'identificazione di misure gestionali adeguate.

(askanews)


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