Dimissioni Zingaretti, Marcheselli (Pd Mantova): 'Almeno Nicola ha provato a cambiarlo questo partito'

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ZingarettiNicola4Le dimissioni rassegnate l'altro giorno dal segretario nazionale del Pd, Nicola Zingaretti, hanno colto di sorpresa un po' ttutti. Ache i dirigenti del partito nei vari livelli.

Ecco di seguito l'analisi della situazione effettuata dal segretario provinciale del Pd di Mantova Marco Marcheselli.

"Le dimissioni del segretario nazionale Nicola Zingaretti hanno colto un po' tutti di sorpresa. Fatico a comprenderne l'opportunità soprattutto in questo tempo (impossibile immaginare nuove primarie), ma posso immaginare la fatica anche personale e umana di questi anni e di questi mesi. Qualcuno pensa che questa sia una mossa per "stanare i nemici e poi rilanciare": per l'idea che mi sono fatto di Nicola Zingaretti, ne dubito. Mi sembra sia stato un segretario davvero al servizio del partito senza particolari ambizioni personali: forse due anni fa la cosa per lui più conveniente sarebbe stata rimanere solo un buon presidente di Regione e aspettare tempi più semplici (ricordiamoci che ha raccolto un partito uscito male dalle elezioni nazionali dei 2018). Zingaretti lascia dopo due anni in cui è successo davvero di tutto, molte cose sono cambiate, ma purtroppo una delle poche che non ha saputo rinnovarsi con decisione è stato proprio il PD, con i suoi tormenti, i suoi avvitamenti, i suoi tentennamenti, insomma, le sue correnti (pur in piena pandemia); ma almeno Nicola ha provato a cambiarlo, questo partito, e per certi versi io credo ci sia anche riuscito.

Non dev'essere stato semplice guidare una compagine dove le truppe parlamentari sono figlie di qualcosa di diverso da ciò che si ha in testa. E infatti, nel settembre 2019, pochi mesi dopo l'elezione del nuovo segretario, una parte di quelle truppe ha fatto le valigie per fondare un altro, piccolo, partito. Poco prima la nascita del governo giallo-rosso: paradossalmente, Zingaretti è stato all'inizio uno dei più scettici nel dare vita a quel governo, ma un po' tutti tiravano da quella parte e alla fine si è fatto. A mio modesto avviso, il punto più critico della gestione Zingaretti è stato proprio il conseguente rapporto coi 5 Stelle, cioè cosa fare dopo l'estate 2019. Un anno e mezzo dopo, l'alleanza col Movimento si basa su Giuseppe Conte e poco altro. Un Giuseppe Conte che da futuro leader dei 5 Stelle rischia di portare via elettori al PD.

A livello locale il rapporto (positivo) con i 5 Stelle semplicemente non esiste o è minimo. E non parlo solo del territorio mantovano che conosco, ma di un po' tutte le realtà lombarde e nazionali: questo esce da tempo nel confronto con gli altri dirigenti del mio partito. Non a caso dai 5 Stelle ci divide ancora molto, anche qui a Mantova, basti pensare al giudizio sull'amministrazione Palazzi, o al tema delle infrastrutture (ad esempio l'autostrada Mantova-Cremona) o agli aspetti che riguardano i temi del lavoro e dell'ambiente: sulla possibilità di un parziale ampliamento della centrale elettrica di Ostiglia i 5 Stelle sono per un no secco; noi, assieme all'amministrazione a guida PD di quel comune e ai nostri dirigenti locali, siamo andati a vederci le carte e abbiamo appurato che, se l'intervento rispetterà le intenzioni, oltre ad un ritorno in termini occupazionali, si potrebbe avere un ritorno anche in termini ambientali: incredibile ma vero.

In fase di campagna elettorale per le amministrative 2020, sul nostro territorio ho faticato non poco a trovare interlocuzioni fra il Movimento 5 Stelle, e quando le ho trovate, i miei interlocutori rimandavano a non meglio precisati esponenti comunali che più o meno avevano in testa questo motto: "Mai col PD!". Ecco, pensare di avere un governo in cui il premier indicato dai 5 Stelle è stato definito dall'ormai ex segretario nazionale "un punto fortissimo di riferimento di tutte le forze progressiste" (19 dicembre 2020) e poi trovarsi a livello locale i 5 Stelle che ti fanno la guerra, non aiuta certo ad avere una linea politica chiara, pur con tutti gli sforzi possibili.

Sono però sempre stato convinto (e rimango di quell'idea) che con il mondo dei 5 Stelle (in calo ma pur sempre paragonabile in termini elettorali alla nostra forza) si debba trovare un dialogo: un dialogo vero però, a tutti i livelli, dove ci si rispetti, dove ognuno metta in campo le sue idee e si cerchi di fare sintesi, dove non si gioca a fare i puristi o i populisti. Tuttavia, al di là di questa ricerca, il mondo 5 Stelle non può rappresentare per il PD la terra promessa: come non lo può rappresentare una fetta di società che spesso inseguiamo ma che preferirà (legittimamente) sempre i partiti di destra a noi, più propensi a difendere certi tipi di interesse e di modi di pensare. E basta anche con l'inseguimento ad una certa destra "facilona" alla Salvini, quella che vuole i ristoranti aperti anche di sera e una settimana dopo ci chiudono tutti in casa. A far politica così, son capaci tutti.

Se vogliamo essere un partito vero, dobbiamo essere di parte: e allora, pur senza fare barricate, scegliamola questa parte. Prima di tutto il resto, dobbiamo essere dalla parte dei giovani (il PD oggi, senza offesa a nessuno, è un partito almeno per over 50), dei poveri (parola che ci si vergogna a pronunciare perché mette tristezza), dei disoccupati, dei lavoratori che faticano ad arrivare alla fine del mese, dei lavori autonomi spesso dimenticati, degli imprenditori che partono dal nulla e sognano in grande, degli insegnanti (sedotti e abbandonati), dei medici e degli operatori sanitari che hanno visto disfare la sanità pubblica, e di tutte quelle categorie che urlano le loro difficoltà e le loro sofferenze e che da troppo tempo non ricevono risposta. Poi, se ci sarà tempo, penseremo anche a Conte, ai 5 Stelle, al posto da vicesegretario del PD, ai Renzi e ai Calenda (sempre che non arrivino prima le elezioni a pensare a loro).

Non abbiamo tempo da perdere, altrimenti rischiamo l'estinzione. E i nostri iscritti che si "sbattono" nei circoli di paese o sono impegnati nelle amministrazioni, non meritano di vedere sbriciolare piano piano una storia profonda fatta di lotte e di rivendicazioni, una storia fatta "dalla parte di". I tempi cambiano, ma se il PD è il partito italiano maggiormente radicato nel territorio, un motivo ci sarà. Un motivo ci sarà se alle elezioni amministrative, nel mantovano come in ogni parte del Paese, il PD c'è quasi in ogni comune a dare una mano per costruire una lista magari senza simboli di partito, ma fatta di persone che hanno valori alti e voglia di impegnarsi, che sanno scegliere tra il bianco e il nero nel fare politica, che non ci mettono un po' di tutto per tutti.

Un motivo ci sarà se siamo ancora qua, a discapito di una classe dirigente spesso non all'altezza. E quello che è evidente è che questo non essere all'altezza ha riguardato in questi anni spesso il piano nazionale, cioè chi dovrebbe indicare la strada e spronarci più di altri. Tra chi è fuggito e ha cercato di prosciugarci senza riuscirci, tra chi è rimasto ma senza idee chiare, tra chi non sa se andare o restare, si fa fatica a tenere alta la bandiera.

A Nicola Zingaretti, al di là degli errori secondo me commessi, va il mio personale grazie per aver condotto il partito in una ricostruzione difficile e in tempi in cui fare politica risulta molto complicato. Spero non si neghi a Nicola la riconoscenza per avere provato a ricostruire un nuovo PD (e in parte io credo ci sia riuscito rimettendolo su binari giusti di sinistra-centro). Grazie a Nicola per la sua passione, la sua trasparenza, il suo stile garbato in uno scenario spesso fatto di urlatori e di presunti fenomeni: io credo che di questo ne avessimo bisogno.

Il Partito Democratico è fatto di tante donne e uomini che con forza di volontà continuano la loro buona battaglia politica. In attesa che chi ci guida metta davanti a tutto le idee che ha in testa per l'Italia. Per essere davvero vicini al paese reale. Perché per essere vicini al paese reale, occorre un partito reale, fatto di persone che vivono nel paese reale e che sappiano mettersi al servizio della comunità, non di se stessi.

Avanti dunque. Avanti però, per davvero, non per finta. Adesso, prima che sia troppo tardi, è davvero giunto il tempo di mettere un punto e andare a capo. Chi vuole bene a questo partito e quindi a questo Paese, se lo merita. Mettitelo bene in testa, segretario o segretaria che verrai.

Marco Marcheselli

Segretario provinciale del Partito Democratico


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