Tiziano arriva a Palazzo Te. La sua ‘Venere che benda Amore’ protagonista della mostra sul tema del mito di Venere divina. Dal 22 giugno al 5 settembre 2021

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Mantova PalazzoTe MostraVenere-ArrivoTiziano1MANTOVA, 21 giu. – Atteso, protetto e accolto con quel senso di meraviglia che i capolavori sanno suscitare, è arrivato a Palazzo Te il prezioso dipinto di Tiziano "Venere che benda Amore".

L'apertura della cassa contenente la straordinaria tela è avvenuta oggi pomeriggio alla presenza del direttore di Fondazione Palazzo Te, Stefano Baia Curioni e dei curatori della mostra che inaugura domani, martedì 22 giugno.

La grandiosa opera di Tiziano, concessa dalla Galleria Borghese di Roma, sarà al centro dell'esposizione "Venere divina. Armonia sulla terra" per la quale Fondazione Palazzo Te propone un ricco public program sul tema del mito della dea, con incontri e performance negli spazi del Palazzo, tra cui l'Esedra, ripensata per accogliere il pubblico.

Il quadro di Tiziano (olio su tela, cm. 116x184) è datato fra 1560 e il 1565, agli anni estremi dell'artista. L'immagine, sgretolata e sognante, è costruita con grande maestria: al centro del quadro non c'è nessuno dei protagonisti della scena, ma un'apertura verso un paesaggio al tramonto. In un accordo cromatico sofisticato, il rosa e l'azzurro si ritrovano sulle piccole ali del Cupido bendato, e da un lato nel blu del panneggio di Venere, opposto al rosso cremisi dell'ancella con le frecce.

Mantova PalazzoTe MostraVenere-ArrivoTiziano2I bianchi delle vesti e gli incarnati sono percorsi dalla luce e i delicati passaggi alle ombre colorate contribuiscono a rendere meno definiti i contorni delle figure, affidati all'occhio dello spettatore e alle sue capacità di afferrarle. Il dipinto è citato per la prima volta nel 1613, nel poema di Scipione Francucci, dedicato alla raccolta di Scipione Borghese, cardinal nipote da otto anni, collezionista a dir poco appassionato di pittura e di sculture antiche e moderne.

Francucci descrive il soggetto come "Venere che benda Amore" elencando i comprimari: un altro cupido e le due ninfe Dori e Armilla, una con le frecce e l'altra con l'arco. La scena è risultata sempre di difficile interpretazione, tanto da acquisire titoli diversi negli inventari successivi della villa, dove al principio del 1620 la vide anche Antoon van Dyck, come testimoniato da un disegno nel taccuino italiano di schizzi, oggi al British Museum.

Nel Novecento interpretazioni più complesse si sono basate sul reperimento di fonti letterarie; Hans Tietze ha proposto le Metamorfosi di Apuleio, in cui Venere punisce Amore per essersi innamorato di Psiche, requisendogli le armi. Erwin Panofsky formulò una interpretazione neoplatonica, identificando nei due cupidi Eros e Anteros, cioè l'amore passionale e l'amore divino, che non è cieco, ma in grado di contemplare il vero Amore.

Le letture successive hanno parzialmente incrinato queste interpretazioni, poiché, osservando attentamente le espressioni dei personaggi, sembra in realtà che le due donne stiano per consegnare le armi a Cupido, invece che avergliele sottratte; l'Amore in grado di osservare, appoggiato alla spalla della madre, appare quasi preoccupato, invece che sicuro della sua superiorità al fratello bendato. Non si può quindi escludere che la scena rappresenti l'Educazione di Cupido: l'Amore cieco sta per compiere le sue prime imprese, colpendo i mortali con le sue frecce e disseminando casualmente innamoramento e passione.


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