Le ragioni storiche e culturali dell'antifascismo spiegate da Carlo Greppi

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Mantova Festivaletteratura Greppi-RanzatoMANTOVA, 13 set. - È il docente mantovano ed esperto di cultura ebraica Andrea Ranzato a condurre l'incontro con lo storico Carlo Greppi per riprendere le ragioni storiche e culturali dell'antifascismo, insieme a "quei valori che ci siamo un po' persi per strada".

Ranzato presenta il giovane autore al pubblico di Festivaletteratura e gli chiede i motivi che l'hanno spinto su queste coordinate di impegno. Greppi fa parte di quella generazione ormai lontana dal fascismo storico, ma che sente tutto l'onere (e l'onore) di una eredità di valori che per diverso tempo sono stati confinati nelle verità accademiche o in discorsi pubblici datati.

Mentre ci si allontanava dal senso comune, sono aumentati slogan e autentiche frottole alimentate da vent'anni di revisionismo storico in cui il fascismo è stato rivalutato: "l'antifascismo è stato troppo tempo sulla difensiva – spiega l'autore – a confutare affermazioni superficiali. Prima di tutto bisogna rinnovare la narrazione e l'interpretazione della storia".

Il dato di fondo da cui ripartire è che l'antifascismo del 1943-1945 insegnò cos'erano la libertà e la partecipazione ad una generazione cresciuta nel pensiero unico di un regime criminale, come sottolinea Greppi: "vale anche oggi, per spiegare l'importanza del bene comune a giovani cresciuti in un sistema anti-politico".

Parlando dell'8 settembre e del ruolo delle donne nella resistenza con Ranzato, lo storico affronta nodi irrisolti come quello della violenza: "furono le donne le prime resistenti che aiutavano gli uomini a scappare o darsi alla macchia, e poi le prime vere volontarie a scegliere di combattere".

Greppi affronta anche il tema della violenza partigiana, non più un tabù a causa degli anni di piombo per una nuova generazione di storici: "c'è innanzitutto la violenza oppressiva esaltata dal fascismo e quella necessaria per fermare la follia nazifascista, e anche su questo tema l'antifascismo deve essere netto e chiaro senza dover concedere terreno a chi ancora oggi vuole criminalizzare la resistenza". L'autore cita Marc Bloch nel ruolo della storia di sollevare domande nel presente poiché anche oggi lo storico deve saper interpretare e fare "da cerniera" tra il passato e l'attualità: "la storia non è qualcosa di oggettivo e statico, ma racconto vivo. Serve però l'onestà intellettuale di non manomettere i fatti".

Emanuele Bellintani

 

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