Rawi Hage e la guerra civile libanese: 'In un regime di dittatura, gli artisti vengono messi a tacere'
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- Creato 05 Settembre 2019
- Pubblicato 05 Settembre 2019
MANTOVA, 5 set. â La guerra civile libanese, iniziata il 13 aprile 1975 e durata 15 anni, è un conflitto che ha segnato profondamente gli assetti politici e sociali mediorientali, generando profonde riflessioni.
Rawi Hage, scrittore, fotografo e autore di Come la rabbia al vento (2006), affiancato dal giornalista Christian Elia, racconta di come i ricordi filtrino sulle sue pagine in forma di immagini vivide e acute della Beirut devastata.
"Il libro Il gioco di De Niro mi ha messo fortemente in discussione. Ă un reportage struggente che alterna un linguaggio visivo, costituito da immagini dure di guerra e un linguaggio puramente verbale" incalza il giornalista Elia.
Continua Hage: "Come scegliere una storia? C'è un forte processo di selezione alla base del romanzo. Lo scrittore ha necessità , per iniziare a scrivere, di partire da un evento che lo ha scosso. Il trauma è un evento che mi ha scosso particolarmente ed è stato necessario per iniziare a scrivere. Era inevitabile scrivere di qualcosa che facesse male ma che importasse contemporaneamente".
"Il libro di Samir Kassir InfelicitĂ araba comunica un forte senso di claustrofobia dovuto a regimi autocratici, un'incapacitĂ del mondo arabo di raccontarsi" afferma chiaramente Christian Elia. "Le vittime in un regime di dittatura o teocrazia, sono gli artisti che vogliono esprimere se stessi e la veritĂ . Vengono messi a tacere", aggiunge il noto scrittore.
A seguito della fine della guerra civile libanese, ci fu molta euforia e i civili decisero di non parlarne: "Nessuno prendeva posizioni, non era possibile mostrare opposizioni all'interno del paese". Tuttora il paese rimane vulnerabile e diviso: persino gli intellettuali sono costretti a parlare della realtĂ del paese al di fuori del paese stesso, nella diaspora, esattamente come fa l'autore.
Il tema del suicidio e dell'esistenzialismo sono al centro del romanzo dell'autore "Il mio romanzo mi ha riportato con la testa a Beirut e a quelle atroci immagini". Dall'idea che sembra non esistere un dio giusto, Rawi Hage afferma "Nella vita è necessario scherzare. Se siamo stati creati da un Dio minore, possiamo prenderci gioco di tutto, dei limiti, della morte, del corpo".
"Scrivo per dimostrare l'assurditĂ della vita, della mia vita" conclude Hage, definendosi uno scrittore di transizione.
Marina Storti
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