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Coronavirus, Fondazione Gimbe: 'Solo il 14% degli italiani sarà vaccinato entro aprile'

Italia Coronavirus Vaccino2ROMA, 31 gen. – Per la Fondazione Gimbe a causa del crollo di forniture nel primo trimestre delle dosi disponibili di vaccino anti-covid in Italia la campagna vaccinale rallenta e così (salvo addirittura ulteriori ritardi nelle consegne) solo il 14% degli italiani riuscirà a essere vaccinato entro aprile.

L'allarme della Fondazione Gimbe punta anche il faro anche sulle notevoli differenze ache ancora ci sono tra le regioni. E il presidente della Fondazione Nino Cartabellotta chiede anche chiarezza su quel 22,3% delle dosi di somministrate a "personale non sanitario", categoria formalmente non prevista dal piano vaccinale ma che finora ha beneficiato di quasi un quarto delle dosi (in Lombardia si arriva al 51%. Mentre "in questa fase molto critica della pandemia è fondamentale che le poche dosi di vaccino disponibili siano utilizzate per proteggere chi lavora in prima linea con i pazienti e le persone più fragili".

"Oltre ai noti ritardi di consegna da parte di Pfizer – dichiara Renata Gili, responsabile Gimbe Ricerca sui Servizi sanitari della Fondazione Gimbe – AstraZeneca ha comunicato alla Commissione Europea una riduzione della fornitura stimabile fino al 60% nel 1° trimestre, mentre CureVac non potrà consegnare entro marzo le 2,019 milioni di dosi previste dal Piano vaccinale, visto che lo studio di fase 3 è stato avviato solo il 14 dicembre". Di conseguenza, al netto di ulteriori ritardi di consegne, entro il 31 marzo 2021 il nostro Paese dovrebbe disporre di 16,557 milioni di dosi, di cui 8,749 milioni da Pfizer-BioNTech e 1,346 milioni da Moderna e AstraZeneca fornirà 6,462 milioni di dosi, anziché i 16,155 milioni previsti.

"Con queste disponibilità – puntualizza Cartabellotta – solo il 14% della popolazione (circa 8,278 milioni di persone) potrà completare le due dosi del ciclo vaccinale, ma non prima della metà o addirittura della fine di aprile, ovviamente previa autorizzazione condizionata del vaccino di AstraZeneca che potrebbe essere soggetto a limitazioni per i soggetti di età da 55 anni con conseguente necessità di rivedere le priorità del piano vaccinale. Inoltre, occorrerà una notevole reattività della macchina organizzativa, visto che la maggior parte delle dosi non arriverà prima di metà febbraio".

Un altro problema della campagna vaccinale è la distribuzione regionale. L'analisi di Gimbe rileva "notevoli differenze regionali difficilmente spiegabili solo sulla base dei criteri verosimilmente utilizzati in questa prima fase per la consegna (numero operatori sanitari e socio-sanitari, numero personale e ospiti Rsa)".

Al 27 gennaio, secondo ad esempio l'aggiornamento pomeridiano del dashboard del ministero della salute, hanno completato il ciclo vaccinale con la seconda dose 270.269 persone (0,45% della popolazione italiana), con marcate differenze regionali: dallo 0,16% della Calabria allo 0,70% del Lazio.

Inoltre, le analisi indipendenti della Fondazione Gimbe sui dati ufficiali rilevano che ben 350.548 dosi sono state somministrate a "personale non sanitario", una fascia – sottolinea la Fondazione indipendete – non prevista dal Piano vaccinale che per questa prima fase individua tre categorie prioritarie: operatori sanitari e sociosanitari (finora 67,1% dosi), personale ed ospiti delle RSA (finora 9,7% dosi), quindi persone dagli 80 anni (finora 0,9% dosi). E il "personale non sanitario" ha beneficiato di quasi un quarto delle dosi finora somministrate con enormi differenze regionali che in certi casi superano il 30%: Provincia Autonoma di Bolzano 34%, Liguria 39%, Lombardia 51%.

"Se da un lato una parte del personale non sanitario risulta essenziale per il funzionamento di ospedali ed altre strutture sanitarie – spiega Cartabellotta – dall'altro i numeri riportati dal Piano vaccinale per operatori sanitari e socio sanitari (1.404.037) corrispondono a tutti gli iscritti agli albi professionali, più gli operatori socio-sanitari: questo evidenzia una discrepanza tra numeri previsti dal Piano e le diverse policy vaccinali attuate dalle Regioni".

In altre parole, se la categoria "operatori sanitari e socio sanitari" deve includere tutto il personale che lavora negli ospedali a qualsiasi titolo – dato richiesto alle Regioni dal Commissario Arcuri lo scorso 17 novembre – le dosi previste dal Piano vaccinale non sono sufficienti perché rimangono esclusi tutti i professionisti sanitari che non lavorano presso strutture pubbliche.

In considerazione delle "notevoli differenze regionali (consegna dosi, percentuale di persone che hanno completato il ciclo vaccinale, categorie vaccinate) che generano diseguaglianze", la Fondazione Gimbe chiede al Commissario straordinario all'emergenza Covid-19 e al ministero della Salute di "1)mantenere costantemente aggiornato il numero delle forniture previste dal Piano vaccinale; 2) Chiarire ufficialmente l'entità delle forniture di AstraZeneca per il primo trimestre 2021; 3) Ridefinire a livello nazionale i criteri di inclusione nella categoria "operatori sanitari e socio sanitari" rivedendo di conseguenza i numeri del Piano Vaccinale; 4) Rendere pubblici i criteri per la consegna delle dosi alle Regioni.

(askanews)


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