Ricerca, premiato uno studio italiano sul riconoscimento facciale dei gemelli

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Gemelli1ROMA, 26 set. - Antonia Stazi, primo ricercatore dell'ISS, ha vinto il premio IgNobel che quest'anno è stato assegnato per uno studio pubblicato sulla rivista PLOSone dal titolo "Is That Me or My Twin? Lack of Self-Face Recognition Advantage in Identical Twins".

Insieme con la ricercatrice ISS, vincitori del premio sono Matteo Martini, – School of Psychology, University of East London, Ilaria Bufalari, – IRCCS Fondazione Santa Lucia di Roma e Salvatore Maria Aglioti , – Dipartimento di Psicologia, Sapienza Università di Roma e IRCCS Fondazione Santa Lucia di Roma. Lo studio ha esaminato l'abilità di gemelli monozigoti di distinguere il proprio volto da quello del gemello e di un altro amico o familiare con cui interagivano quotidianamente.

"Il premio Ig Nobel – dice Antonia Stazi responsabile del Registro Gemelli – viene assegnato ogni anno a dieci ricerche strane, divertenti, e perfino assurde che prima fanno ridere e poi danno da pensare, come dicono gli organizzatori. Lo scopo è dunque quello di premiare il fantasioso, l'inconsueto e stimolare l'interesse del grande pubblico nella scienza".

Il filo conduttore dei premi e della cerimonia in cui vengono consegnati, quest'anno, è stata l'Incertezza, e quale incertezza è più grande di quella di non saper riconoscere la propria faccia? Il volto è la caratteristica maggiormente distintiva del proprio corpo, fondamentale nella rappresentazione del sé e, tipicamente, le persone identificano più velocemente il proprio volto, rispetto ad altri volti anche molto noti, come quelli di amici e parenti.

Come documentato nell'articolo oggetto del premio Ig Nobel per la psicologia, i gemelli monozigoti rappresentano un'interessante eccezione in questo contesto: essendo il loro volto pressoché identico a quello del fratello gemello, l'esperimento conferma che non sono in grado di distinguere se stessi più efficacemente che il proprio gemello. Ma la ricerca mostra anche che l'incapacità di riconoscere se stessi è influenzata dallo stile di attaccamento: più prevalente è un approccio ansioso ed evitante nelle relazioni, peggiore è la prestazione (misurata in secondi di risposta) nel riconoscimento del proprio volto. Dal momento che i monozigoti sono geneticamente identici, se questa differenza si verifica all'interno della coppia questo suggerisce che l'ambiente e le esperienze individuali hanno un ruolo importante nella rappresentazione del sé.

La ricerca è stata condotta presso il Laboratorio di Neuroscienze Sociali e Cognitive del Dipartimento di Psicologia della Facoltà di Psicologia dell'Università Sapienza di Roma e dell' IRCCS Fondazione Santa Lucia di Roma, in collaborazione con il Registro Nazionale Gemelli dell'Istituto Superiore di Sanità.

(askanews)


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