Ipossia, dagli zebrafish nuove risposte sulla reazione a carenza di ossigeno
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- Creato 10 Settembre 2017
- Pubblicato 10 Settembre 2017
PADOVA, 10 set. – Un team di ricerca italiano coordinato da Andrea Vettori e Francesco Argenton, del Dipartimento di Biologia dell'Università di Padova, ha progettato e generato degli zebrafish (Danio rerio), animali che per le loro caratteristiche (trasparenza delle larve e ridotte dimensioni) risultano essere uno strumento ideale per analizzare e studiare in vivo le attività del fattore HIF (Hypoxia Inducible Factor), ed effettuare screening di specifiche vie metaboliche.
L'obiettivo è capire come reagisce l'organismo in caso di ipossia (carenza di ossigeno) e cosa ne innesca la risposta difensiva.
L'ossigeno è un elemento fondamentale per la sopravvivenza e non sorprende quindi che si siano evoluti dei meccanismi fisiologici capaci di percepire e rispondere ai cambiamenti della tensione di ossigeno. Nelle cellule, il sensore dell'ossigeno è un fattore di trascrizione chiamato HIF (Hypoxia Inducible Factor), in grado di riprogrammare il metabolismo in risposta alla diminuzione della disponibilità di ossigeno nell'ambiente intracellulare. Fino ad ora tutti gli sforzi per trovare degli attivatori di HIF in vitro hanno permesso di individuare solo un piccolissimo numero di molecole la cui efficacia è ancora dibattuta e il cui uso è limitato all'ambito della ricerca.
Utilizzando questo nuovo approccio in-vivo, il team di ricercatori di Padova, in collaborazione con il prof. Van Eeden dell'UniversitĂ di Sheffield (UK) e la Prof.ssa Jane McKeating del Target Discovery Institute di Oxford (UK), ha analizzato l'effetto di circa 2000 farmaci giĂ presenti nel repertorio farmaceutico su larve di zebrafish ingegnerizzate.
"Grazie a queste analisi e a un approccio multidisciplinare – spiega il prof. Francesco Argenton – abbiamo scoperto che diversi anti-infiammatori steroidei (come ad esempio il dexametasone, il prednisolone e il betametasone) sono in grado di aumentare in modo significativo l'attività della via di segnale di risposta all'ipossia, specialmente a livello epatico, anche nell'uomo. Questa scoperta rende quindi evidente che la via di segnale di difesa dall'ipossia non è attivata solo da basse concentrazioni di ossigeno ma anche da altri 'mediatori', tra i quali i glucocorticoidi sembrano essere i più importanti. Considerando il coinvolgimento cruciale della mancanza di ossigeno in molti processi patologici, tra cui l'ischemia, l'ictus, le lesioni del midollo spinale, l'anemia cronica, la capacità di attivare la via di risposta all'ipossia con farmaci già disponibili potrebbe essere in un prossimo futuro di grande aiuto nel trattamento di una varietà di condizioni patologiche molto diffuse nella popolazione umana".
(askanews)
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