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Creato 16 Settembre 2014

Pubblicato 16 Settembre 2014

Giovedí si vota. Non in Italia, ma in Scozia, per uno storico referendum in cui gli scozzesi potranno pronunciarsi sull'indipendenza dal Regno Unito.

Se la realtá fosse lo specchio di una suggestione, dovremmo aspettarci una vittoria in carrozza dei nazionalisti. Almeno dai tempi del film Braveheart in avanti, la questione scozzese é sempre stata vista dagli indipendentisti nostrani come il manifesto programmatico di ogni secessione. Invece, stando ai sondaggi, il risultato é in bilico, con i no all'indipendenza leggermente favoriti.

Tralasciando le numerose differenze storiche e sociali fra le istanze indipendentiste scozzesi e quelle veneto-padane, difficilmente condensabili in poche righe, é interessante soffermarsi sui temi su cui si sta giocando la campagna referendaria e su quanto essi siano lontanissimi da quelli nostrani.

La questione fiscale é marginale. Molto piú rilevanti le conseguenze finanziarie (quale valuta adottare e con quali riserve) e la gestione delle risorse, soprattutto il petrolio del Mare del Nord, che finirebbe sotto la giurisdizione del nuovo stato scozzese.

In attesa del risultato delle urne, qualcuno ha giá fatto sapere che non accetterebbe passivamente la sconfitta: sono gli istituti di credito scozzesi, che hanno annunciato l'intenzione di trasferire le proprie sede legali a Londra, in caso di vittoria degli indipendentisti. Una presa di posizione risoluta, che qualcuno ha giá bollato come un'ingerenza pesante nella campagna referenderia. Una sorta di minaccia di ritorsione nel caso in cui i sentimenti nazionalisti avessero la meglio sul pragmatismo dei sostenitori del no, che proprio sulle conseguenze economiche/finanziarie hanno basato la propria ricerca di consenso. Conseguenze di cui, oggi, si riescono a intravedere solo i contorni.

Il dato certo é che la Scozia sarebbe il primo caso di un'area che, con una decisione unilaterale, si pone fuori dall'Unione Europea. Essendo infatti una "nuova" nazione, l'eventuale adesione non sarebbe automatica, ma dovrebbe seguire lo stesso iter di tutti gli altri paesi. Una eventuale Scozia indipendente sarebbe una sorta di cavia da laboratorio per valutare le reali conseguenze dell'uscita da un sistema monetario consolidato (la sterlina) e dalla reintroduzione, almeno sulla carta, di vecchi vincoli di mercato.

Per questo un po' tutta l'Europa guarderá verso Edinburgo. Ma piú per legittima curiositá che preoccupazione. L'esito, qualunque sia, non sfocerá certo nell'autarchia. Anzi, paradossalmente, un'eventuale indipendenza politica potrebbe portare a una maggiore dipendenza economica proprio da Londra, soprattutto se la nuova nazione non fosse in grado di reggere alle possibile turbulenze finanziarie in seguito al proprio downgrade. Con il rischio di ritrovarsi a breve formalmente piú liberi, ma nella sostanza molto piú deboli.

(g.f.)