Vaccini, una nuova relazione tra medicina e società per un 'dovere alla salute'
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- Creato 29 Aprile 2017
- Pubblicato 29 Aprile 2017
Raccomandare o costringere alla vaccinazione?
A giudicare dalle posizioni in campo la tentazione dei più è quella di passare dalla raccomandazione, come è stato fino ad ora (piani nazionali vaccini, legislazione nazionale e regionale) alla obbligazione che essendo correlata da pesanti sanzioni (esclusioni sociali, accesso precluso alla scuola, e in certi casi perdita della patria potestà per i genitori inosservanti) diventa quasi coercizione.
Cosi la pensa il Ministero della Salute che ha redatto un piano vaccini 2017/2019, ma anche l'Iss e la Fnomceo la federazione degli ordini dei medici.
Il ricorso alla coercizione sarebbe giustificato dall'abbassamento della copertura vaccinale registrato in questi anni, una sorta di crisi della profilassi che inspiegabilmente vede molte persone rifiutare i vaccini (anche quelli già obbligatori) rischiando quindi di ammalarsi inutilmente e di far ammalare gli altri.
Ma quella che sembra gratuita irresponsabilità o peggio irrazionalità è qualcosa di molto più complesso. Dietro a queste cose vi sono questioni diverse: una società dominata dall'individualismo e da etiche deboli, il disincanto delle persone nei confronti della medicina, la compresenza di più culture di cura in conflitto tra loro, la crescente sfiducia dei cittadini nei confronti dei medici, forme anche discutibili di obiezione di coscienza dei cittadini nei confronti dei vaccini, o favole metropolitane come quella dell'autismo.
Nei confronti di tale complessità la strada della coercizione quindi la rinuncia pesante ai valori della libertà personale è una strada pericolosa ma anche quella della raccomandazioni o delle semplici obbligazioni oggi appare una risposta debole. Se la copertura vaccinale cala vuol dire che gli argomenti dei persuasori non funzionano più e che quindi vanno ripensati nei modi e nei contenuti.
Una soluzione potrebbe essere quella di uscire dalla contrapposizione tra raccomandazioni e coercizione e ricercare una soluzione di altro tipo che non ricada sulla coercizione giuridica ma costruisca in modo consensuale una obbligazione morale basata interamente sull'autonomia della persona. Un "dovere alla salute" cioè un impegno di salute per esempio dei genitori nei confronti del figlio il quale tacitamente si aspetta che sia realizzato.
Il fondamento di un dovere del genere non può essere una norma coercitiva ma un programma formativo. La risposta tecnica classica è educazione sanitaria, informazione, raccomandazioni, ma non basta. Ci vuole qualcosa che assomigli ad una 'interpellanza sociale". Ma chi dovrebbe interpellare le persone sui nuovi doveri alla salute? Naturalmente i medici, attraverso tanti strumenti diversificati (scuola, enti locali, associazioni sociali, comunità , i servizi sanitari ecc). Ma per questo serve una nuova relazione tra medicina e società , tra diritti e doveri che purtroppo ora non c'è.
(s.t.)
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