Per un nuovo miracolo italiano
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- Creato 26 Ottobre 2016
- Pubblicato 26 Ottobre 2016
Al referendum costituzionale, Bersani voterá no. Il suo voto si aggiunge a quello di D'Alema e dei fuoriusciti Civati e Fassina. Alla faccia della non personalizzazione del voto referendario, chi da sempre é avversario di Renzi invita a votare no, chi, presto é tardi si é scoperto renziano, invita al sÃ.
Quello di Bersani, peró, é un no con qualche sfumatura di grigio in piú.
Anche se sono passati meno di tre anni, pochi sembrano ricordare come Renzi divenne segretario del partito. Prima la sconfitta alle primarie, mai cosà aspre e piene di veleni, poi la scelta politica di non accettare il ruolo di numero due in campagna elettorale, togliendo cosà autorevolezza alla candidatura Bersani. Infine il suo sbarco a Roma dopo il fallimento della candidatura Marini al Quirinale e il suo appoggio alla soluzione Prodi, che, di fatto, sancà la morte politica di un'intera classe dirigente del Partito.
Nessuno ha mai rivendicato l'impallinatura di Prodi e i gli oltre cento franchi tiratori che portarono alla rielezione di Napolitano e, soprattutto, al cambio di segreteria sono ancora senza nome. Ma é innegabile che chi ci guadagnó politicamente dalla vicenda fu propro Renzi che nel giro di poco tempo divenne prima segretario del parito e poi Premier.
Ora sarebbe sicuramente un azzardo poco rispettoso sostenere con certezza che il No di Bersani sia solo una ripicca personale, ma non lo é rimarcare che possa venire naturale insinuarlo. E cosÃ, quello che a prima potrebbe essere un dispetto al Premier, rischia in realtá di trasformarsi in un'arma di propaganda piuttosto efficace: i voti del Sà Renzi li cerca a destra, lo ha detto lui esplicaitamente. E in virtú dell'italica visione manichea su ogni questione politica, un fronte del No capeggiato dalla vecchia nomenclatura del suo stesso partito é il migliore assist possibile per aiutare Renzi a convincere gli indecisi alla destra del PD (che, stando ai sondaggi, sono ancora molti), perché gli consente di utilizzare l'arma di persuasione di cui é indiscutibilmente maestro: la suggestione.
Ho rottamato il partito, ora rottamo la Costituzione. Diventa molto piú efficace questo messaggio se dall'altra parte della barricata, in prima fila, ci vanno Bersani, D'Alema, la sinistra radicale che dice sempre no a tutto e i vecchi professori universitari anziché i nuovi Salvini e Di Maio.
E quesa suggestione rischia di funzionare se il fronte del No continuerá, a dispetto di una compatezza di voto, a non esprimere una posizione comune, chiara e semplice nel merito della riforma. Bersani parla di necessitá di rivedere l'Italicum, D'Alema di riduzione di sovranitá popolare, Zagrebelsky spiega i tecnicismi ed é preoccupato di possibile derive autoritarie, Salvini al contrario chiede di cancellare totalmente il Senato, Grillo si erge a paladino della attuale Costituzione, passando cosÃ, per i piú distratti, dai panni del rivoluzionrio a quello del reazionario.
L'unico collante di questa variegata e per certi versi improbabile coalizione puó davvero sembrare l'ostracismo verso il Premier. Ed é proprio questa l'unica carta per il Premier per vincere un confronto elettorale che, numeri teorici alla mano, sembra perso in partenza: trasformare il Referendum sulla riforma in un referendum non tanto sul Premier, che significherebbe sull'operato di un governo non piú popolare come a inzio mandato, ma sul concetto stesso di rottamazione: quella suggestione effimera di pacifica rivoluzione che tutto cambierá in un sol voto. Ed é difficile, in questa suggestione, non sentire l'eco di un vecchio slogan su cui tutta la Seconda Repubblica si appoggiata: per un nuovo miracolo italiano.
(g.f.)
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