Elton John, Sting e la musica 'pop' a prezzi impopolari: Mantova rientra nel circuito dei grandi live a 'caro prezzo'

Sting2MANTOVA, 5 mar. - Da quando Mantova è rientrata nel circuito dei grandi eventi, si è subito allineata alla maggior parte delle realtà cittadine che ospitano i concerti dei big della musica internazionale e si riaccende il dibattito sul caro-concerti.

Proprio così: se il biglietto per Sting in concerto il 28 luglio in piazza Sordello varia dai 64 ai 115 euro (da parterre a tribuna vip numerata), quello per Elton John, stessa location ma il 24 luglio, va dai 64 ai 161 euro.

Per fare un confronto, gli U2 del "solidarista" Bono Vox, per il concerto allo stadio Olimpico di Roma di luglio hanno un costo che oscilla tra i 40 euro della Curva Nord, ai 220 euro per la tribuna Monte Mario. Persino Eddie Vedder, leader di quei Pearl Jam che a inizio carriera si scagliarono contro il caro-concerti negli Stati Uniti, per la sua esibizione solista nella kermesse "Firenze Rocks" chiede fino 80 euro per un posto in piedi vicino al palco.

Non ci sono buone intenzioni che tengano: dagli artisti più "impegnati" nel sociale fino a quelli più menefreghisti, il conto da pagare è sempre molto alto. Una menzione particolare per realtà come la città di Ferrara che, con il suo storico festival "Ferrara sotto le stelle", offre da anni il meglio della scena rock indipendente (The National, Bloc Party, Alt-J) in concerti dove il prezzo medio si aggira intorno ai 30 euro. Per i grandi eventi c'è, infine, la piaga del bagarinaggio che, se possibile, peggiora la situazione creando un mercato nero parallelo ai canali ufficiali di per sé già ricchi di criticità.

E il fan accanito paga, magari compra meno dischi, ma per vedere il "mito" dal vivo è pronto a fare follìe: cancellati gli anni dei concerti a prezzi popolari, e sparite le scelte politiche di contenimento dei costi da parte di artisti impegnati, il mondo live è ormai totalmente schiacciato dalle leggi di mercato e, di conseguenza, elitario e rivolto solo a chi se lo può permettere.

E in un mercato vorace, c'è la rincorsa al profitto: c'è il promoter che, prendendosi il rischio di impresa, vuole essere sicuro di guadagnarci. Ci sono poi vere e proprie gabelle all'italiana come Iva e Siae che bruciano almeno un decimo dell'incasso totale di un grande evento. Bisogna poi fare i conti con i costi che la produzione deve sostenere per gli spazi (piazze, palazzetti, stadi) ed il loro affitto. Con l'aggravante di dovere spesso contrarre i costi al ribasso ripercuotendosi, ad esempio, sulle condizioni di lavoro e sicurezza di tecnici e operai addetti a montaggio e smontaggio palco. Fino a qui sembrerebbe solo un problema di avidità e di costi di mercato, ma non è così: gli stessi cachet delle stelle, sono realmente stellari e a colpi di zeri nel conto rappresentano la parte più consistente del prezzo del biglietto.

Fabio Guastalla, redattore del Mucchio Selvaggio e caporedattore di Ondarock spiega: "penso che quando la musica è pop, anche i prezzi debbano essere popolari. Ben vengano i grandi artisti in centro a Mantova, ma è giusto che tutti abbiano la possibilità di sentire dal vivo Sting o Elton John".

Matteo Gabutti, già direttore artistico diversi locali del mantovano ha un'idea ben precisa sul caro biglietti: "negli anni '70 sarebbe stato impensabile un alto prezzo del biglietto per i concerti di musica pop, per molti era addirittura impensabile un qualsiasi prezzo. Chi imponeva prezzi giudicati eccessivi del biglietto veniva contestato. Si ricorda il tour di Francesco De Gregori interrotto nel 1976 a causa del costo dell'ingresso che andava dalle 1500 alle 2000 lire e per la critica allo stile di vita del cantante che avrebbe dovuto devolvere i proventi dei suoi concerti per la causa della classe operaia. Oggi quegli stessi giovani hanno dimenticato una qualsiasi ragione di contestazione e sono disposti a pagare prezzi esorbitanti per ascoltare e vedere spettacoli e personaggi rassicuranti. Se vogliamo incontrare i giovani, le nuove idee, in particolare nella musica pop, occorre addentrarsi nell'underground dove si formano le idee, è nei club e nelle pieghe della pancia delle metropoli che nascono i germogli migliori".

Cristian S., deejay che lavora in diversi locali del nord Italia e che ha lavorato anche all'estero, sostiene che "il 'Caro biglietti' dei concerti è una questione che stranamente non coinvolge solo l'Italia, ma tutto il mondo. Ovviamente il nostro paese ci mette sempre qualcosa in più a livello di tasse (SIAE e IVA) ma a mio avviso i fattori principali che hanno fatto lievitare i costi in modo così evidente, soprattutto in questi ultimi anni, sono: cachet degli artisti sempre più elevati, siti di prevendita online fuori controllo con tasse, diritti di prevendita e spedizioni varie che fanno aumentare i costi anche del 30%, spese di gestione di location e personale troppo alti. Ovviamente i promoter devono guadagnarci per cui è normale che chi ci mette il rischio e il lavoro faccia tutte le valutazioni del caso, detto questo chi ha la possibilità di assistere ad una performance live del proprio idolo magari rinuncia ad altre cose, ma il biglietto lo compra perché il concerto ha sempre il suo fascino e spesso sono situazioni che rimangono indelebili nei nostri ricordi".

"Questo succede - prosegue -anche nel settore a me più vicino, ovvero i clubs e i djs. Cachet sempre più alti per i top dj che si esibiscono sempre meno nei locali e nei club per privilegiare festival e mega eventi in cui Line Up da sogno e numeri di pubblico non paragonabili a quelle dei club garantiscono situazioni più sicure e ritorno economico e di immagine. La musica è arte e chi la produce e la crea ha il diritto di essere tutelato, ovvio che la pirateria e la crisi di vendita dei dischi ha fatto poi tutto il resto ed inevitabilmente i guadagni si sono spostati su altri settori come i concerti e i festival".

Emanuele Bellintani


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