Trattativa Stato-mafia, Grasso: 'Aspettiamo la fine del processo'
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- Creato 19 Maggio 2017
- Pubblicato 19 Maggio 2017
ROMA, 19 mag. – Per il presidente del Senato, Pietro Grasso, a un giovane che volesse sapere cosa è stata la trattativa Stato-mafia "farei leggere la sentenza definitiva di Firenze del processo sulla strage dei Georgofili, nella quale sono ricostruiti fatti e comportamenti definiti come 'trattativa', anzi, come 'trattative' essendone emerse più di una".
"Cosa Nostra è un'organizzazione che ha sempre cercato i contatti con lo Stato perché la forza della mafia deriva dalle risorse, dagli affari, dagli appalti pubblici. Provenzano nutriva dubbi sull'opportunità di eliminare i politici perché uccidere i propri interlocutori non gli pareva poi una grande idea. Uccidere i magistrati è una cosa, poter ricattare lo Stato per rinverdire un'alleanza alimentata dai reciproci favori, un'altra. Il problema è che questioni del genere vanno provate in aula: c'è un processo in corso da tempo, aspettiamo di vedere come finirà ", ha detto Grasso in un'intervista al Messaggero.
"Il meccanismo di Cosa Nostra è semplice: io ti faccio un danno – ha spiegato Grasso – perché tu debba poi venire da me a chiedermi protezione. Non vengo a estorcerti il pizzo o a pietire un'elemosina, ma creo il bisogno. Metto in piedi una strage in maniera che poi qualcuno a vario titolo mi preghi di smetterla. Mori, che rappresentava una parte dello Stato, prova a interloquire". E cosa gli rispondono? "Non smettiamo se prima non abbiamo garanzie dalla politica. Ma i morti in Continente sono occasionali, non cercati. Il passaggio successivo, la strage indiscriminata, è una minaccia che non viene attuata. Il telecomando di Spatuzza, allo Stadio Olimpico, non funziona. I carabinieri si salvano e a Spatuzza nessuno chiederà più di ritentare. Si disse che il telecomando non funzionò, anche se oggi sappiamo che già allora esistevano tecnologie capaci di interferire e neutralizzare un congegno elettronico a distanza".
In un'altra intervista concessa a Repubblica, il presidente del Senato ha risposto a una domanda sulla morte di Giovanni Falcone; fu solo mafia? "Continuo a chiedermelo. Perché – ha osservato – abbiamo tanti punti che sono stati accertati e che danno l'idea di una qualche presenza esterna oltre alla mafia, che per certo si è occupata delle stragi sul piano operativo. Ma prendiamo alcuni elementi. Nel febbraio '92 c'era un commando a Roma che aveva l'incarico di uccidere Giovanni, però fu richiamato da Riina in Sicilia. E poi organizzarono l'esplosione sull'autostrada. Se pensiamo a certe presenze nella fase preparatoria dell'omicidio Falcone e ad alcune presenze, esterne a Cosa nostra, emerse nelle indagini sull'omicidio Borsellino, ci sono elementi sui quali riflettere. Purtroppo al momento mancano i riscontri per portare a un accertamento giudiziario: io però non perdo mai la speranza e spero che prima o poi si possa raggiungere almeno la verità storica".
(askanews)
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